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Chiesa di
S. Leonardo

La chiesa di S. Leonardo è il frutto della ricostruzione del 1911 ricordata fra l'altro nella data posta sopra il portale d'ingresso. Altre scritte all'interno rammentano la consacrazione avvenuta il 18 maggio 1912 grazie allo zelo del curato Luigi Pisoni e «per tenace volere degli abitanti di Pranzo». Le fotografie e la pianta della chiesa precedente mostrano una costruzione definita di «forma curiosa, con due porte, due navate diseguali e quattro modesti altari», il maggiore dei quali asimmetrico rispetto al corpo dell'edificio. In una descrizione della fine Ottocento il Brentari scrive inoltre che vi era l'abitudine di circondare la costruzione con una catena per indicare che il santo patrono era stato prigioniero. Al di là della tradizione e della fede non sembrava esserci dunque granché da conservare, come del resto si può osservare nelle relazioni inviate alla Luogotenenza per ottenere i permessi della nuova fabbrica. «L'attuale chiesa di Pranzo assomiglia più a una stalla che a un luogo destinato all'esercizio del culto», leggiamo infatti in una missiva del 1910. E ancora: «La necessità di restauro radicale o meglio di rifabbrica e di ampliamento s'impone imperiosamente. Lo richiede lo stato miserando e deplorevolissimo in cui essa ora si trova e anche la sua ristrettezza. La chiesa attuale consta di due sole navatine irregolari, una più grande, l'altra più piccola. L'altezza massima della navata principale non supera i sei metri. Si può dire che la chiesa sia priva di coro, pur tanto necessario non avendo lo stesso che la larghezza massima di metri 1,20. Il presbiterio è troppo ristretto: basti pensare che fra le balaustre e l'altar maggiore v'è uno spazio della larghezza di solo metri 1,05». La relazione prosegue citando un pessimo pavimento in mattoni, tre altari laterali ridotti in «stato miserando» e la superficie inadatta a contenere, la popolazione del paese, «che è di cinquecento anime». Con uno sforzo economico, che alla fine risulterà di 34.000 corone, si provvede dunque ad appaltare la costruzione della nuova chiesa alla ditta Luigi Betta di Tenno, la quale in poco tempo realizza il progetto elaborato gratuitamente dal «molto reverendo professor don Francesco Pisoni e approvato dalla I.R. Commissione dei monumenti in Vienna».

L’opera veniva a rinnovare un edificio documentato quantomeno a partire dal 1336, allorché la carta di regola di Pranzo prescrive agli abitanti di festeggiare il patrono San Leonardo. La chiesa con la rispettiva dedica viene citata poi negli atti visitali del 1537 e ancora nel 1580, quando il 20 novembre gli incaricati vescovili lasciano scritto di essersi recati nella villa di Pranzo e di aver visto una cappella con due altari: quello maggiore dedicato a San Leonardo e un altro a San Simone. A questa data sono da riferirsi anche alcuni lavori di cui resta testimonianza in una scritta incisa sopra la porta a sud della chiesa, la quale rammenta che l'opera è stata fatta eseguire da Giovanni e Antonio Guella massari di San Leonardo il giorno 30 marzo 1580.

Un secolo più tardi la chiesa di San Leonardo, circondata dal cimitero, viene definita sufficientemente grande e dignitosa sia per quanto riguarda l'aspetto interno che le dotazioni. Nel 1630, Lucia Brentegani, vedova di Pietro Ferrari, morta probabilmente di peste, ha in effetti dotato la chiesa di una rendita di duemila ragnesi, fondando una cappellania perpetua con un prete beneficiato tenuto a celebrare tre messe alla settimana. Alla ripresa economica dopo la peste e alla fede della Controriforma sono dovute anche le devozioni che si esplicano nella seconda metà del secolo. Nel 1671 gli altari sono tre: il primo ancora titolato a San Leonardo mentre gli altri a Santo Stefano e a San Rocco. Nel 1694 ne troviamo addirittura quattro e mostrano la devozione per la Madonna che possiamo trovare nella parrocchiale di Tenno: oltre a San Leonardo e a San Rocco i visitali citano infatti altri due altari, quello di Santa Maria e della Beata Vergine del Rosario che troviamo tuttora raffigurata in una pala posta sulla parete destra del presbiterio. Per quanto riguarda quest'ultimo possiamo pensare che sia stato eretto in seguito alla predicazione quaresimale del 1687. Lo dimostrerebbero i riferimenti contenuti in una copia del documento relativo alla confraternita del Rosario presentato ai visitatori da don Giovanni Malossini nel 1708, nonché la lite con il parroco di Tenno, che, per acconsentire a tale costituzione, chiedeva di essere pagato.

Come in quasi tutte le chiese della zona, nel primo Settecento si evidenziano alcuni segni di stasi determinati dalla guerra per la successione spagnola. I soldati del generale Vendòme a Pranzo rubano la piccola campana posta sul tetto della chiesa e bruciano alcuni registri conservati nella canonica. A rimetterci probabilmente non è però solo la chiesa, ma tutta la comunità. Non è dunque un caso se nel 1727 troviamo scritto che la cappella del Santissimo Rosario minaccia «imminente ruina» e che la pala posta sopra l'altare maggiore appare «logora», sbiadita, tanto che nell'uno e nell'altro caso si ordina di provvedere. Con la metà del secolo l'economia del paese appare però in ripresa e alcuni segnali fanno capire che è in atto anche una crescita demografica. La chiesa oltre a beneficiare del lascito di Lucia Brentegani gode di altre rendite che provengono dal legato Zucchelli nonché dai proventi assicurati dalla stessa comunità. La popolazione nel 1758 chiede quindi che San Leonardo possa conservare il Santissimo e il battistero, così da non dover continuamente dipendere dalla parrocchiale di Tenno. «Da poco ci fecero esporre i nostri diletti fedeli abitanti nella villa di Pranzo [...] come qualmente non infrequentemente a causa delle piene del torrente Varone vengano privati dell'uso del ponte che conduce alla chiesa parrocchiale, per cui, costretti da dura necessità devono astenersi dal frequentarla», risponde il vescovo concedendo quanto richiesto dai vicini, i quali nell'occasione si impegnano a osservare e a far rispettare dal sacerdote beneficiato una serie di capitoli che non mancheranno di causare lunghi dissidi con il parroco di Tenno e che diverranno il punto di riferimento della cappellania esposta anche nei secoli successivi.

Gli atti dell'Ottocento non aggiungono granché a questa situazione, se non ricordandoci ancora le continue diatribe fra il beneficiato e il parroco. Il resto è normale amministrazione. Se lo stato della chiesa nel 1827 appare ancora buono, le prerogative del sacerdote sono limitate: non ha il diritto di sepoltura dei fanciulli e nemmeno quello di celebrare i matrimoni. La comunità, nonostante l'impegno degli amministratori e le reiterate richieste, non è infatti ancora riuscita a ottenere per la sua chiesa il titolo di curazia.

Nel 1868 ai visitatori non rimane che registrare che la popolazione è ulteriormente aumentata ma che la cappella è cadente, anche se in via di restauro. Ma come si è detto, la costruzione dalla «forma curiosa, con due porte, due navate diseguali e quattro modesti altari» muterà volto solo all'inizio del secolo.

Al visitatore e ai fedeli la chiesa attuale si presenta in stile tardo ottocentesco, con una navata principale e due piccole laterali.

Gli altari sono tre, come nelle descrizioni seicentesche, e sulla parete all'ingresso sono conservate probabilmente le tele delle precedenti devozioni: una raffigura la Madonna e i Santi Luca, Lucia, Matteo e Rocco; l'altra ancora la Madonna con i Santi Andrea, Pietro e un vescovo. Sulla parete destra dell'abside si trova invece la Madonna con San Domenico, Santa Caterina e i Misteri del Rosario. L'altare maggiore, lo stesso ricordato in alcune foto eseguite prima del rifacimento, è posizionato sul fondo dell'abside ed è caratterizzato da un'ancona con quattro colonnine in marmo nero e le statue di San Leonardo e Sant'Antonio. La tela di Roberto Piazza è invece dei recenti anni Settanta e sostituisce quella originale, rappresentante la Madonna in trono con i Santi Leonardo e Antonio, rubata da ignoti assieme ad altre preziose suppellettili la notte del 18 aprile 1971. Alla vecchia chiesa apparteneva anche la grata posta sulla parete di sinistra a ricordo della prigionia del santo patrono sopra la quale è ora collocata una Madonna della fine dell'Ottocento. Al momento della costruzione del nuovo edificio sono stati posti all'asta i materiali non più utilizzabili, fra i quali la porta principale acquistata da Giacomo Malossini: forse la stessa tuttora visibile in un edificio in cima al paese. Per evitare inutili spese e nel rispetto delle disposizioni della Commissione per i Monumenti di Vienna venne invece deciso di riutilizzare la vecchia balaustra, i mobili in buono stato, i quadri, alcune suppellettili e i due altari laterali di legno, comunque sostituiti negli anni successivi. Quello dedicato a San Giuseppe, di buona fattura, è stato acquistato nel 1913 a Santa Croce del Bleggio, dove era stato «demolito perché fuori posto». Della vecchia costruzione sono stati ancora conservati il campanile, l’antica abside, mentre, come troviamo scritto, le finestre «si eseguirono giusta la forma di quelle antiche dell’abside, le sole un po’ regolari».

Di Mauro Grazioli, tratto da "Ecclesie, le chiese nel Sommolago", ed. Il Sommolago, Arco, TN. Giubileo 2000. 
 


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